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Bergamo, 7 aprile 2001

La polifonia sacra, che aveva inaugurato l'attuale, ventesima edizione degli Incontri Europei con la Musica, ritorna protagonista nell'ultimo appuntamento, sabato 7 aprile alle ore 17, ospitato nella suggestiva cornice della Basilica di Santa Maria Maggiore. Questa volta, però, la pluralità delle voci corali troverà eco e sostegno nella varietà dei colori sonori degli strumenti a fiato, uniti nella realizzazione di un singolarissimo capolavoro della musica sacra dell'Ottocento, la Messa in mi minore di Anton Bruckner per coro a 8 voci e 16 strumenti, mai eseguita nella nostra città.

È quasi inevitabile, ma non perciò scontato, iniziare il discorso sulla musica sacra di Bruckner col riferimento alla semplicità dell’uomo e alla chiusura provinciale dell’ambiente in cui si è realizzata la sua lenta e laboriosa formazione.

"Condizione necessaria e giusta - ha scritto Sergio Martinotti - per legittimare una sorprendente ricchezza interiore di una vita povera di circostanze, non scevra di passioni innocue, ma tuttavia avvertita di rinunzie, di nostalgie, di tristezze macerate cui la fede conferiva rassegnazione ed avaro conforto. (...) Per questo, nelle sue musiche sacre si realizza il tratto distintivo di tanta spiritualità tedesca: la profonda interiorità religiosa, la concentrata e caparbia volontà di approfondire il valore espressivo dei testi liturgici; ove magari certo tono di Controriforma, ereditato dall’ambiente di Sankt Florian, si può coglier riflesso nel grave andamento barocco, ora cupo ora luminoso, con l’ingenuo orgoglio d’una fede rinnovata".

Bruckner, in apparenza così isolato e schivo, entra con autorevolezza nel vivo dell’ardua antitesi che contrapponeva l’osservanza conservatrice dell’officiatura liturgica (che sfocerà poi nella restaurazione ceciliana) alla libertà della nuova concezione sinfonica (incarnata in particolare da Liszt). L’intrico contrappuntistico delle sezioni a 8 voci della Messa in mi minore (segnatamente il Kyrie e il Sanctus) contrapposto allo stupefacente trascolorare delle armonie cromatiche del Benedictus mostra come la partecipazione di Bruckner a tale querelle avvenisse col tipico distacco dei grandi che prescindono da aridi schematismi per trovare una soluzione assolutamente soggettiva e inimitabile.

Lo studio degli antichi maestri (Fux, Caldara, Jacobus Gallus, Palestrina) non si risolve in quell’amore da antiquario che entusiasmò la prima generazione romantica e neppure nella nostalgia per un mondo per sempre perduto che si respira nei mottetti e nelle pagine organistiche di Brahms. Ancora Martinotti coglie il senso di questa Messa, "articolata tra una legnosa crudezza di certa primitività statuaria ed una pace serena e tutta terrestre, secondo una religiosità celebrata con spirito popolaresco ed arioso: quasi una 'messa dei poveri' che si ascolti sul sagrato di una chiesa campestre. Misticismo come ultimo esito, dunque; ove schemi formali, accenti gregoriani, palestriniani e romantici vengono rivissuti come in una luce di memoria assorta: tutto è misteriosamente remoto e prodigiosamente vicino".

Nei mottetti s’individua invece un momento di concisione e concentrazione spirituale della produzione bruckneriana, in cui l’intimismo può essere giustamente connesso a certa poetica della cameristica romantica. In brani come il lirico Locus iste, dove la matrice austriaca trapela anche nell’evidente tributo al mozartiano Ave verum, nella tradizione umana della liturgia come consegnata spesso a storia privata, si svela dunque una partecipazione sentimentale autenticamente romantica alla parola cristiana.

Favorita dai compositori del tardo Barocco e del primo Classicismo, la musica per complessi di strumenti a fiato ha trovato nelle epoche successive un interesse sporadico, essendo venute a mancare le condizioni (l’esistenza di complessi stabili al servizio dell’aristocrazia) che ne sollecitavano l’esistenza; proprio per questo motivo risultano preziosi gli occasionali tributi che nel corso dell’Ottocento il genere ha riscosso presso autori non di secondo piano come Mendelssohn, Dvorák, Gounod e Strauss. La Serenata op.7 di Richard Strauss, dedicata alla Società Filarmonica di Dresda che ne ospitò la prima esecuzione il 27 novembre 1882, è appunto una di quelle rare partiture: influenzata innegabilmente dal classicismo brahmsiano, la Serenata mostra tuttavia tratti individuali nell’inquietudine armonica che si fa strada fin nell’esposizone dei temi (contraddicendo il diatonismo delle frasi iniziali) e nella fitta trama strumentale.

Amato in patria ma quasi sconosciuto in Italia, Ralph Vaughan-Williams è un protagonista della rinascita musicale inglese del Novecento; studioso del folklore britannico, se ne è alimentato per dare vita a uno stile cautamente aperto al nuovo, alle seduzioni timbriche dell’Impressionismo come alla politonalità. Autore di ben nove Sinfonie, nell’Ottava Sinfonia, scritta a ottantacinque anni, rivela una sorprendente fantasia strumentale e un secondo movimento, lo Scherzo alla marcia, affidato alle sonorità dei soli strumenti a fiato.

Il concerto riunirà sotto la bacchetta di Pieralberto Cattaneo due tra le formazioni bergamasche presenti da più tempo sulla scena musicale. La compagine vocale è il Coro polifonico Mousiké, nato nel 1974 come coro maschile "Recastello" e da sempre diretto da Mario Maffeis. Il suo repertorio comprende numerose pagine del Novecento, sia a cappella che con orchestra, tra cui la Messa di Stravinski e lo Stabat Mater e il Gloria di Poulenc, recentemente proposti in occasione del venticinquennale di attività.

Il Gruppo Fiati Musica Aperta festeggia quest'anno il venticinquennale di attività: fondato nel 1976 da Pieralberto Cattaneo, si è affermato nel Concorso internazionale di Stresa 1981. Ha preso parte a importanti stagioni concertistiche, facendosi apprezzare in numerose tournées in tutto il mondo e ha registrato un LP di musiche inedite e da camera di G. Donizetti e G.S. Mayr. Opera anche nel campo della musica contemporanea, con prime esecuzioni assolute in concerti più volte trasmessi da RadioTre e dalle radio tedesche e in due CD incisi per la TGE. I componenti sono Giovanni Perico e Maurizio Beltrami (flauto), Angelo Giussani e Giuseppe Cattaneo (oboe), Savino Acquaviva e Roberto Bergamelli (clarinetto), Ugo Gelmi e Roger Rota (fagotto), Valerio Maini, Alberto Bertoni, Brunello Gorla e Luca Quaranta (corno), Matteo Alcaini e Alessandro Ghidotti (tromba), Ermes Giussani, Adamo Carrara e Massimo Blini (trombone), Angelo Magli (tuba).