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Ingolstadt [DonauKurier], marzo 1999
Un'opera in vesti sacre
Pieralberto Cattaneo dirige lo Stabat mater di Simone Mayr nell'Asamkirche
Ingolstadt
. La riscoperta della produzione musicale di Johann Simon Mayr (nato nel 1763 a Mendorf e morto a Bergamo nel 1845) è un qualcosa di meritorio e, allo stesso tempo, un'impresa ardimentosa, che specialmente a Ingolstadt e Bergamo si sta praticando da anni con grande zelo. Per strappare Mayr al destino di vivacchiare nella storia della musica ancor solo come nota a pie' pagina nei confronti di Donizetti, il compito imperativo - a fianco naturalmente della ricerca musicologica - è quello di eseguire di nuovo la sua musica: solo così si potrà porre stabilmente il valore di Mayr nella consapevolezza degli ascoltatori, e solo così sarà possibile rendere palese quale formidabile musica è stata composta da Mayr, ai suoi tempi altamente stimato in tutta Europa soprattutto come operista.Poiché il costo insostenibile di un allestimento teatrale oggigiorno non concede quasi nessuna chance al Mayr dei melodrammi, appare logico - come da tempo si pratica a Ingolstadt - nutrirsi della sua musica sacra, un genere che Mayr, nei 43 anni in cui fu a capo della Cappella della Basilica di S.Maria Maggiore a Bergamo, coltivò intensamente, connotandolo in senso fortemente operistico. Per il Concerto di Passione organizzato nell'Asamkirche dall'Assessorato alla Cultura di Ingolstadt, il direttore e compositore Pieralberto Cattaneo aveva messo in programma lo Stabat mater n.3 in do minore per soli, coro e orchestra.
Simone Mayr era, come supremo responsabile della musica a Bergamo, sufficientemente dotato di senso pratico da considerare le proprie composizioni liturgiche variabili quanto a combinazione di pezzi e strumentazione: ci risultano così più versioni musicali dello Stabat mater che, all'interno del canonici blocchi corali "Stabat" e "Quando corpus", sono tra di loro scambiabili secondo le esigenze e le possibilità delle situazioni esecutive.
La ricostruzione dello Stabat mater in do minore compiuta da Pieralberto Cattaneo - nel concerto di cui riferiamo nella chiesa Maria de Victoria - può, in ogni caso, proporre un'attendibile successione dei brani, sebbene l'omogeneità del ciclo possa venir allentata dall'alternativo secondo versetto "Eja mater". L'esecuzione dei sette brani di Simone Mayr ci porta con forza all'evidenza assoluta di come sia efficace la sua musica.
La strumentazione immaginosa, curata, arricchita di soli virtuosistici nei fiati, la gestualità teatrale delle Arie, che spesso sfocia in formule cadenzali (e che con questo sottolinea ancor più l'affinità con lo stile teatrale), un melodizzare spesso spensieratamente lieto, quasi troppo "poco serio" per la musica sacra, e i brani corali drammaticamente appassionati hanno fornito un'impressione travolgente della superiore capacità rappresentativa dell'arte di Mayr. Anche la molteplicità formale del suo operare e la maniera di presentarsi, completamente immersa nello stile dell'opera italiana, trascinante e piana d'effetto, ha documentato con forza il significato e il valore della musica di Mayr.
Gli interpreti, il Georgisches Kammerorchester con un nutrito gruppo di fiati, il Coro polifonico "Antiche Armonie" di Bergamo, che ha sostenuto il suo ruolo con energia e personalità, il trio di solisti Elena Bertocchi (soprano), Sergio Rocchi (tenore) e Giovanni Guerini (baritono) e Pieralberto Cattaneo che ha coordinato il tutto in maniera eccellente con grande temperamento, hanno dato vita a un'esecuzione accuratissima sotto ogni profilo che, unitamente alla Musica funebre massonica di Mozart e al brano corale di Mayr O quot undis lacrymarum, era stata preparata sia dal punto di vista vocale che strumentale in piena concordanza d'intenti. Che la musica sacra di Mayr fosse orientata più verso l'opera che verso la liturgia, ne resero esplicita prova anche le circostanze esteriori alquanto insolite per un Concerto di Passione: gli applausi calorosi e gli inchini al pubblico dopo ogni aria, così come la ripetizione della sezione conclusiva come bis, sono effettivamente più secondo il costume del palcoscenico che nello spirito di un lamentoso canto sulla Madre Maria.
Heinz Zettel